Intervista a Baldini di Vera Bessone

Ciao, ho iniziato a spulciare l’archivio del Corriere [di Romagna, NdR] in cerca di materiali su Baldini. Qua c’è una piccola intervista che gli feci in occasione dell’inaugurazione del Teatro degli Atti di Rimini, e una serie di articoli usciti quando morì Baldini.

Ciao e buon lavoro.

Vera Bessone

 

Corriere Romagna 24 FEBBRAIO 2001

RIMINI – Cosa sarebbe, su, cosa gli costerebbe / dargli il permesso, / una telefonata ogni tanto, / non subito, che potrebbe anche far impressione, / appena morti, no, lasciar passare del tempo, / dei mesi, anche degli anni, un anno, due anni, poi un giorno / drin drin, pronto, chi parla?

Comincia proprio così Chi parla? di Raffaello Baldini (è l’ultima parte di Ciacri), il poeta santarcangiolese ai cui versi è affidata l’inaugurazione del Teatro degli Atti.

E sì, il momento è arrivato. Dieci anni di lavori (non conclusi), ma il 4 marzo, una domenica pomeriggio, Ivano Marescotti sarà il primo a salire su quel palco, nella sala polivalente realizzata con soluzioni innovative nel complesso degli Agostiniani di via Cairoli dall’architetto Carlo Gandolfi.

Chi parla? è la storia di un uomo che ha perduto la moglie e spera di parlarle ancora, magari attraverso una telefonata, per poterle dire tutte quelle cose che non le aveva mai detto.

Baldini, è soddisfatto del modo in cui Marescotti porta a teatro i suoi versi?

“Ho sempre detto che non potevo sperare realizzazione migliore. Marescotti è un grande attore che sarebbe in grado di recitare anche in altre lingue, ma nel dialetto di Santarcangelo è in difficoltà. Lui viene da Villanova di Bagnacavallo: i due dialetti si somigliano e perciò sono reciprocamente impronunciabili. Ecco perché lui ‘traduce’ i testi nella sua lingua”.

Proprio attraverso Marescotti, Baldini è approdato al teatro: “Mi chiamò chiedendomi di tradurre nel mio dialetto un testo scritto nel dialetto della Bassa Baviera. Io ero titubante, gli dissi: sono un pessimo traduttore, ma proverò. Però non veniva fuori niente, e la cosa mi imbarazzava ma mi faceva anche piacere, perché mi dava l’idea che il mio dialetto avesse una sua personalità. Telefonai a Ivano e glielo dissi. Dopo un po’ di tempo di richiamò lui chiedendomi: non mi scriverebbe qualcosa lei? E così è stato”.

Da quella telefonata sono nati spettacoli come Zitti tutti! per Ravenna Teatro con la regia di Marco Martinelli e Carta canta per il Teatro dell’Archivolto,

regia di Giorgio Gallione. Un altro testo teatrale di Baldini, scritto in italiano, In fondo a destra, è stato portato in scena dal Teatro della Fortuna di Fano, mentre Marescotti ha portato nelle sale anche Furistir, “montaggio” di testi poetici sempre diretto da Martinelli.

Ma come si fa a mantenere viva la lingua di Santarcangelo pur vivendo a Milano?

“Sono andato via da Santarcangelo a 30 anni, ma essendo vecchio (ho 77 anni e posso dirlo) appartengo forse alla penultima generazione di coloro che hanno cominciato a parlare in dialetto e solo dopo hanno imparato l’italiano. Perciò il dialetto resta come una stigmata. Poi ci torno a Santarcangelo, d’estate sempre, ci sono gli amici. In questo Paese, l’Italia, dove si parla tutti in italiano, ci sono cose, persone, situazioni che succedono in dialetto, e se uno le traduce si perde qualcosa. Oggi in dialetto si possono dire delle cose che in italiano sono quasi impronunciabili perché datate, usurate. Il dialetto ha un’autenticità, una freschezza, una sua forza interiore che gli consente di dire ancora. Per paradosso il dialetto ha una maggiore verginità dell’italiano. E questo paradosso si complica con un altro paradosso: quando i poeti iniziarono a scrivere in italiano, questo era una lingua cartacea, che parlavano pochissimi. Adesso tu scrivi in dialetto e pochi lo capiscono: il dialetto è diventato cartaceo”.

“Quello che presenterò a Rimini – spiega invece Marescotti, in questi giorni nelle sale cinematografiche con il film Hannibal – è un work in progress. Come tutti i miei spettacoli, si modifica strada facendo, e questa è solo la terza volta che lo porto in scena. Oltre a Baldini ci saranno testi di Dino Buzzati”.

La forma dello spettacolo è quella collaudata da Marescotti negli ultimi anni con spettacoli quali E pu bàsta, Testamento, Àqua, una forma di monologo inconsueto ma di successo: la lettura, con un semplice libro appoggiato ad un leggìo.

In Pronto, chi parla? (questo il titolo teatrale) è il telefono l’oggetto ricorrente in situazioni apparentemente banali che giungono attraverso la metafora poetica ad esprimere il lato tragico della vita.

Il taglio del nastro del Teatro degli Atti avverrà, su invito, alle 17.30.

Vera Bessone


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